Washington Generals – i talentuosi nati per perdere
Una delle cose più belle, da appassionati della palla a spicchi, è seguire dal vivo la propria squadra del cuore. L'andare a vedere una partita non si limita alla semplice osservazione del gioco. Significa sostenere i giocatori, vivere insieme a loro i momenti di tensione quando la situazione in campo si fa difficile, soffrire quando la palla gira sul ferro e non entra, sentire l'adrenalina che segue il crescendo di un'azione che si costruisce e va a segno.
Esiste anche un tipo di pubblico, però, che vuole altro; che chiede qualcosa di diverso. Sono quelli che amano il lato scenografico del basket, apprezzano il talento dei cestisti, ma desiderano la serenità di una vittoria sicura e rifuggono la condizione incerta, la possibilità di un insuccesso. A loro non interessa la competizione che di solito accompagna lo sport, bensì l'intrattenimento fine a sé stesso.
A soddisfare questa richiesta pensò Mr. "Red" Klotz quando nel 1952 fondò la squadra dei Washington Generals e la rese, a partire dall'anno successivo, l'avversario itinerante dei ben più noti Harlem Globetrotters - nati nel 1927 e già famosi per l’originale spettacolarità che li portò in giro per il mondo (globetrotters = giramondo) come squadra di pallacanestro da esibizione.
L'impegno dei Washington Generals andava in un gioco che non doveva mai puntare alla vittoria, tutt'altro: doveva servire quello degli avversari per agevolarli nelle loro azioni e far sì che gli spettatori, paganti per assistere alle eccezionali doti atletiche dei Trotters, tornassero sempre a casa felici e contenti. Più che altro una squadra di appoggio, insomma: l'avversario “senza possibilità di vittoria" che di tanto in tanto cambiava il nome e i colori dell'uniforme per dare l'impressione che gli Harlem Globetrotters non sfidassero ogni volta la stessa identica squadra.
In linea di massima un buon 70% delle azioni era pianificato in modo che i Trotters potessero stupire il pubblico coi loro famosi "trick shots" (tiri incredibili, all'apparenza impossibili), mentre il restante 20%-30% risultava vero basket.
Solo nei primi quarant'anni di questa particolare pratica sportiva i Generals persero più di 13.000 partite e contarono 6 vittorie. Una di queste entrò nella storia come quella che diede fine a una serie di sconfitte lunga 2.495 partite. Avvenne in una sera del gennaio 1971 a Martin, Tennessee, con i Generals che in quell'occasione scendevano in campo col nome di New Jersey Reds. Fu una partita insolita, nella quale i Trotters apparvero un po' sottotono e, consci del fatto che il punteggio fosse solamente una formalità, giocarono senza accorgersi della risalita dei Generals. Si resero conto di essere indietro di 12 punti solo a 2 minuti dal termine della partita, ma a 10 secondi dalla fine già si riassicurarono il vantaggio con un punteggio di 99-98. Tutto parve rientrato nei consueti schemi. A quel punto, però, Red Klotz (sia proprietario che giocatore dei Generals, allora cinquantenne ancora piuttosto abile), durante l'ultimo time-out chiese ai compagni di passargli la palla per il tiro finale. La ottenne e a 3 secondi dalla fine portò la "squadra senza possibilità di vittoria" a 100 punti contro i 99 dei Trotters che, negli ultimi secondi, fallirono un tiro di gancio - in passato risultato vincente migliaia di volte. Nonostante il tentativo del cronometrista di fermare il timer per dare ai Trotters un'ultima possibilità su rimbalzo, il loro tiro partì dopo il suono della sirena decretando un’impensata vittoria dei Reds (Washington Generals).
Il risultato portò a spettatori scioccati, furiosi, e bambini in lacrime: tutti guardarono i vincitori “come se avessero appena ucciso Babbo Natale”. In molti ancora oggi si chiedono se quel tiro vincente di Klotz fosse voluto, cercato, o solo un colpo di fortuna (o sfortuna) - non si saprà mai.
Negli spogliatoi i Generals festeggiarono e si spruzzarono addosso dell'aranciata (ché i "nati per perdere", seppur talentuosi, mica pensano a portarsi dietro dello Champagne) e il giorno dopo tornarono semplicemente a fare il loro lavoro per aiutare gli Harlem Globetrotters nel regalare puro divertimento al pubblico. Quella partita, però, dimostrò che nessuno è infallibile, nemmeno chi è "programmato per vincere”, e servì a rinvigorire e motivare entrambe le squadre per portare, nei molti anni avvenire, sempre più sorrisi ai numerosi fan sparsi per tutto il mondo.
Daniela Bartolini